Bignè, éclairs, Paris-Brest: tante delizie che nascono da un'unica base: l'impasto per bignè conosciuto anche come pasta choux. Una preparazione che rientra tra le “basi della pasticceria” e che è semplice solo all'apparenza, perché richiede una doppia cottura. A raccontarcene tutti i segreti è Daniele Bonzi, Executive Pastry Chef dell’Hotel Four Seasons di Milano.
«Il primo consiglio è sempre quello di scegliere con cura le materie prime. A partire dalle uova, che devono essere fresche, non quelle pastorizzate. E poi attenzione alla cottura». Perché proprio la doppia cottura è la chiave della riuscita della pasta per bignè, che si fa cuocere prima sul fuoco, poi in forno. Acqua e farina, cuocendo, generano uno strato glutinico, colloso, che poi, nel forno, imprigiona il vapore causando il gonfiarsi del bignè stesso.
La prima cottura, al punto giusto
«L’amalgama di acqua e farina va cotto bene sul fuoco, ma non troppo. Cuocendo infatti perde acqua, che poi va reintegrata con l’aggiunta di uova. La cottura adeguata si impara con l’esperienza, non esistono tempi o temperature prestabilite. Si dice che l’impasto è pronto quando si stacca dalle pareti della pentola».
Le uova, questione di temperatura
Tolto dalla pentola, l’impasto per bignè va trasferito in planetaria, ancora caldo, e si inizia a lavorarlo. «Occorre che perda tutto il vapore e si raffreddi prima di aggiungere le uova. Quante per volta se ne possono unire dipende dalla temperatura delle uova, fredde o ambiente. Infatti il troppo calore fa perdere il liquido, e bisogna aggiungere altre uova per reintegrarlo. Anche la quantità delle uova da usare cambia in funzione di queste variabili. Se l’impasto è stato cotto un po’ meno in pentola ed è stato fatto raffreddare bene, bastano meno uova. Lo choux deve essere consistente ma morbido».
La seconda cottura
Con questa pasta base si possono realizzare appunto i bignè, oppure gli eclairs, i Paris Brest e le basi per torte più elaborate, da cuocere in forno. «Ideale è disporre i bignè su una placca forata, coperta con un tappetino microforato. In questo modo il calore irrora dal basso il bignè, facendolo sviluppare bene. La maglia glutinica imprigiona grasso e acqua, e le alte temperature fanno gonfiare la pasta.
Si parte quindi a calore elevato e a valvola chiusa. Un buon colpo di calore, che arrivi anche da sotto, permette al bignè di svilupparsi bene. I primi minuti servono per farlo sviluppare al massimo, la seconda parte della cottura in forno serve a renderlo croccante, e può avvenire a temperature inferiori e a valvola aperta. Ci sono scuole di pensiero diverse. Alcuni preferiscono i bignè morbidi, altri, come me, più croccanti».
La craquelin
«Si può utilizzare anche la craquelin, un dischetto di pasta biscotto che si mette sopra il bignè perché, cuocendo insieme, lo rende regolare, perfettamente tondo, con una base croccante. La craquelin, poi, si può fare di tutti i colori, a riprendere il colore della farcitura. Se colorata, un’utile accortezza è quella di spruzzarla leggermente in superficie con un tocco di staccante spray; la patina di grasso serve a mantenere il colore vivace e a non farlo scurire troppo».
Mille varianti della pasta choux
Ovviamente l’impasto bignè base può essere personalizzato in tanti modi diversi. «Si parte da bignè preparati solo con gli albumi, per arrivare a preparazioni estreme come quelle di Alajmo, che li realizzava col sifone». Varianti anche per quanto riguarda il procedimento. «Io stesso, se devo realizzare la classica piccola pasticceria seguo la procedura tradizionale, che prevede il dressaggio manuale su teglia; nel caso della banchettistica invece stampo l’impasto in sfere che congelo e ho pronte per l’uso, nella giusta quantità e tutte uguali».
Immagine di copertina tratte dal libro “Non solo Zucchero 7” di Iginio Massari – Photo Credits: Lonati Fotografia
a cura di Daniela Guaiti
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