Se panna e cioccolato non bastano più a far vendere, ci vuole un nuovo ingrediente che si chiama marketing. È ciò che cercheremo di insegnarvi e di stimolarvi a fare, con questo e con i prossimi articoli
La potenza tentatrice del peccato di gola è secondo solo a un altro genere di peccato che però, essendo un po’ più difficile da soddisfare, ha permesso alle pasticcerie di egemonizzare per lungo tempo, direi per secoli, attenzioni e desideri dei consumatori di ogni livello sociale.
Oggi la posizione delle pasticcerie è assai più difficile: non solo hanno perso quasi ovunque lo status di luogo di ritrovo dell’alta società che detenevano in epoche ormai remote, ma anzi devono subire la concorrenza sempre più aggressiva delle grandi superfici che hanno scoperto la capacità di attrazione dei prodotti dolciari da banco e per di più soffrono dei nuovi modelli culturali che al piacere del palato antepongono il piacere della linea sinuosa e del contenimento del girovita, demonizzando gli zuccheri e chi li vende.
Non importa dunque se siete pasticceri di lungo corso o giovani aspiranti tali; il principale problema che vi si pone è identico: come poter attirare di nuovo l’attenzione del pubblico e, soprattutto, come riempire i loro vassoi? Che sia possibile farlo lo dimostrano il successo commerciale di prodotti similari, come per esempio la pizza e tante altre specialità gastronomiche capaci di sostenere, da sole o in sapiente abbinata, gli equilibri economici di innumerevoli esercizi commerciali.
Ma questo obiettivo è raggiungibile anche dalle pasticcerie? E, soprattutto, può farlo la singola pasticceria di quartiere? La risposta è sì, se assieme a zucchero e farina si impara a impastare un nuovo ingrediente: il marketing. È ciò che cercheremo di insegnarvi e di stimolarvi a fare, con questo e con i prossimi articoli.
Anche il marketing può essere…dolce!
Magari vi sarà sembrata un po’ ardita, ma la metafora di dosare marketing e zucchero a velo è assai più concreta di quanto non crediate. Voi avete una professionalità fenomenale e probabilmente vi sentite a più a vostro agio davanti al forno che davanti a un computer; sappiate però che potete rilassarvi, perché ad onta di quel che vi hanno sempre fatto credere tanti venditori di fumo, il marketing di un negozio non è fatto di parole difficili, di investimenti elevati, di pubblicità con foto di belle ragazze seminude che lappano un cornetto facendo strabuzzare gli occhi ai mariti e imbufalire le mogli.
Il vero marketing, quello che può essere anche vostro e cambiare il corso dei vostri affari è molto più vicino al vostro essere e al vostro modo di fare quotidiano di quanto voi stessi potreste immaginare. Per esempio ogni giorno voi alzate la serranda, pensate ai tipi di dolci che vi chiederanno i clienti, stimate le quantità e poi iniziate a scegliere gli ingredienti che vi occorrono per mescolarli e produrre ciò che, in base alla vostra esperienza, soddisferà la domanda dei clienti al banco.
Ebbene, il marketing fa esattamente la stessa cosa: ogni giorno pensa agli obiettivi dell’azienda, sceglie gli strumenti più giusti (pubblicità, promozione, comunicazione, eccetera) per promuoverne l’attività, e li applica dosandone l’utilizzo. Così, come le vostre specialità permettono ai clienti di ottenere ciò che desiderano, le attività di marketing permettono alle aziende, come la vostra, di raggiungere il successo di mercato desiderato. In pratica, cambiano gli ingredienti, ma il metodo di lavoro è identico. Capito questo, vi sarà facile comprendere che non è proprio caso di dare ascolto alle chiacchiere del venditore di pubblicità di turno, che vi si presenta per vendervi la pagina del giornalino locale, lo striscione in occasione della corsa podistica o chissà cos’altro.
Non che si tratti sempre di iniziative sbagliate a prescindere, ma sono cose che non vi faranno guadagnare neppure un cliente se usate in modo scoordinato, esattamente come la vostra farina, per quanto buona, non può produrre un buon dolce se non la accompagnate con il giusto lievito e non la cuocete con le modalità che solo voi sapete. Questo significa che anche la piccola impresa artigiana, pur senza le risorse e la forza di una multinazionale, può fare un marketing sano e utile ai suoi affari, se impara a gestirne in modo opportuno gli ingredienti basilari. Quali? Eccoli qua: il mix dei prodotti/ servizi, il loro prezzo, il territorio attorno a voi e la vostra comunicazione. Tutto qui.
La pubblicità è come il lievito: va usata nella giusta dose!
Insomma, il vero marketing è una cosa semplice e buona come i vostri dolci, si fa in coppia (cliente e fornitore) e alla fine vincono tutti se il prodotto/servizio è buono, il prezzo è giusto e il cliente è soddisfatto. In questo schema perfetto non c’è posto per il sedicente venditore miracoloso che a tutti i costi vuole far giornata affibbiandovi qualcosa (un sito, una pagina pubblicitaria, una sponsorizzazione, eccetera) e si ingegna per farvi credere che vi basterà aderire alla sua offerta per catturare stuoli di clienti.
Lui sa perfettamente che per riuscire a convincervi ha un alleato potente: voi stessi. Lui gioca sul fatto che il cervello di ogni essere umano, e dunque anche il vostro, ama ascoltare le cose che vorrebbe sentirsi dire e tende a fidarsi subito di chi gliele offre come verità assoluta. Così, quando vi dirà che grazie a quel cartellone, a quel sito, a quella pagina pubblicitaria le vostre vendite aumenteranno sensibilmente, farete fatica a non credergli, perché sentirete sempre una vocina che vi dirà “…e se avesse ragione? Ma si, proviamo, in fondo costa poco e noi abbiamo bisogno di vendere di più, tanto vale provare…”.
Così, molti imprenditori come voi dapprima danno ascolto a gente che non sa nulla del loro mercato e che gli vende pubblicità dai ritorni assai dubbi, e poi delusi dai risultati abbandonano l’idea di fare marketing. In ogni caso, il risultato finale è che a uscirne male non è tanto la figura del venditore di fumo, che è il vero colpevole, quanto piuttosto quella del marketing, che gli imprenditori culturalmente meno attrezzati finiscono presto per classificare come “cosa che non fa per noi”. Ecco perché, anche se non arrivo a suggerirvi di aprire la caccia al venditore di pubblicità porta a porta, vi consiglio comunque di tenerlo alla larga e di acquistare solo la comunicazione che vi serve davvero, in base a un progetto che avrete ben studiato. Come? Lo scopriremo presto assieme, non dubitate.
Se non so nulla di marketing di chi posso fidarmi?
La risposta è secca: “meglio fidarsi di nessuno!”, perché affidarsi significa “avere fede” mentre gli affari non sono questione di fede ma di ragione, di lavoro, di numeri e di risultati. Il marketing però vi serve, questo è scontato, e la risposta completa quindi diventa: “meglio non affidarsi a nessun mago della pioggia e scegliere, magari assieme al vostro commercialista, un consulente di provato successo che vi aiuti con gli strumenti del marketing e operi come un partner, studi i vostri numeri, misuri i risultati e sia al vostro fianco, lavorando per voi come se l’azienda fosse sua”.
(A cura della redazione)
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere